Torna all’indice di Psicologia e Salute n°1 Vecchia Serie


E' arrivata la cartolina!

Verbena Cucuzza


La chiamata alle armi rappresenta nella vita di ogni giovane uno spettro, impariamo insieme a fronteggiarlo.


18 anni, che bella età! Si diventa maggiorenni, si può prendere la patente, si ha diritto al voto. I ragazzi, sono turbati da uno spauracchio: il servizio di leva. Arriva la cartolina di partenza e il ragazzo si pone, non con animo sereno, mille domande "dove mi manderanno? Come saranno i miei compagni, i miei superiori? Come sarà il cibo? Potrò farmi la doccia tutti i giorni? Come farò a stare lontano da casa e dalla mia ragazza?"
Questi interrogativi, apparentemente banali, nascondono, in realtà, una notevole, ma fisiologica, angoscia.
Il ragazzo è chiamato al servizio di leva in un momento molto delicato della sua vita, in cui è alla ricerca di una nuova identità, di un lavoro, in un momento in cui tenta uno svincolo dalla famiglia e va alla ricerca di nuovi rapporti e modelli di riferimento alternativi a quelli familiari.
In questo periodo di critica e abbandono di vecchie regole, di ricerca di libertà e di autonomia, si inserisce la nuova esperienza, e quindi l'obbligo di dipendenza da nuove figure, da nuove regole.
Da un mondo conosciuto di diritti e di doveri, si passa ad un mondo sconosciuto di solo doveri, in quanto questa è la fantasia. Adesso, per alcune persone (personalità fragili?) la partenza per il servizio di leva, ma forse ogni partenza, diventa una perdita irreparabile del proprio mondo, una minaccia, quasi, alla propria esistenza; ma, se è vero che partire significa lasciare qualcosa o qualcuno, è anche vero che significa scoprire nuovi luoghi, trovare nuove persone; non bisogna dimenticare, inoltre, che non si parla di un viaggio senza ritorno.
Quindi, laddove il disagio del futuro soldato rappresenta un normale momento di crisi, la ricerca di un nuovo equilibrio, il servizio di leva può essere lo spunto per sperimentare la propria tolleranza alla separazione da luoghi e persone conosciute, ed insieme un modo di addestrare la propria capacità di adattamento ad una nuova realtà, anche se, qualche volta, inutile, e frustrante.
Gli interrogativi, iniziali, possono quindi trovare una risposta.
Per es. per chi non si è mai allontanato da casa può essere utile e anche piacevole, vedere in lontananza mamma, papà, le sorelle ecc.; queste figure tanto amate e tanto odiate, possono apparire in una luce diversa. La mamma che dice sempre di mettere la maglietta o il papà che dice di non tornare tardi la sera, possono, a distanza, fare sorridere e la rabbia, spesso provata, al loro cospetto, può lasciare il posto alla tenerezza. I genitori dal canto loro forse non avranno più bisogno di fare sempre le stesse raccomandazioni, perché vedranno il figlio cresciuto, o perché curiosi di chiedergli altre cose.
Comunque, quando la crisi sembrerà troppo forte e il giovane soldato avrà l'impressione di non farcela, potrà rivolgersi ai Consultori Psicologici dove opera personale civile.

Tristezza e nostalgia possono essere gli sgradevoli sentimenti che ci accompagnano durante il servizio di leva. Impariamo ad accettarli e a chiedere conforto. Nasconderli o viverli come segno di debolezza oltre che inutile e non vero può rivelarsi dannoso.

Cosa può fare lo psicologo?
Ascoltare il ragazzo, aiutarlo a leggere la realtà nel modo più giusto, aiutarlo a ritrovare le energie per uscire indenne e forse anche cresciuto, da questa esperienza, e credo, comunque, che al di là di tutto, è importante non spaventarsi dei propri sentimenti, non negarli, ed in particolare per quanto riguarda la tristezza e la nostalgia è utile parlarne con qualcuno e fare in modo che gli stessi sentimenti non prendano il sopravvento e ci impediscano di vivere.