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"E' colpa tua se..."

Antonio Ferrara


La relazione di coppia può facilmente diventare una trappola nella quale i partners da un lato si proteggono a vicenda e dall'altro si impediscono di sperimentare la vita e di crescere.

L'interesse per il compagno non è sufficiente a sostenere un rapporto. Ciò che dà veramente vita alla relazione di coppia è la voglia di sperimentare e la curiosità per il mondo.
Quando queste spinte naturali vengono soffocate e represse, perché la paura di rischiare è più forte del desiderio di conoscere e scoprire, l'esistenza perde interesse e il compagno diventa un alleato inconsapevole per portare avanti la propria "rinuncia".
L., si era sposata con entusiasmo e con la speranza che finalmente, uscita dalla casa dei genitori, avrebbe avuto la possibilità di attuare tutto quanto da anni rimandava. Il marito, di temperamento intraprendente e dinamico, le faceva sognare un futuro pieno di esperienze stimolanti.
Contrariamente a quanto aveva immaginato, dopo alcuni anni di matrimonio, si ritrovò piena di delusioni e drammaticamente in contatto con il fatto che il tempo era passato e ancora stava rimandando il momento in cui avrebbe incominciato a "vivere".
Dopo sposati, L., e il marito si erano completamente isolati ed il loro maggiore interesse era diventato il lavoro, nel quale entrambi si erano affermati.
Ma L., che non aveva mai smesso di sognare, non si era rassegnata, e riteneva il marito responsabile della sua insoddisfazione.
Questi, da parte sua, persa ogni velleità, aveva assunto un'attitudine passiva e rinunciataria che traduceva in un non meglio identificato desiderio di stare "tranquillo". Partendo da tali posizioni la coppia aveva instaurato un "gioco" sottile, con ruoli ben definiti. Lei riteneva il marito responsabile della sua insoddisfazione e lui, d'altra parte, opponeva un regolare rifiuto ogni volta che la moglie gli proponeva di fare qualcosa di "diverso".
"Vedi é colpa tua se io non posso mai far niente", si lamentava L. sono stanca di questa vita monotona senza scopo. Finivano in un litigio a seguito del quale L. si ritrovava frustrata e depressa,sempre più convinta che quell'uomo le stava rovinando l'esistenza. Con questo alibi giustificava se stessa quando, particolarmente avvilita, cercava sfogo lamentandosi con qualche amica per la sua "sfortuna".
A seguito di un nuovo incarico di lavoro il marito dovette allontanarsi per alcuni giorni dalla
sua città. Rimasta sola, finalmente L. poteva organizzarsi come voleva e realizzare qualcuno dei suoi desideri. Di fatto sollecitò e ottenne un invito presso un Circolo frequentato da persone che aveva sempre desiderato conoscere, perché abbinavano l'appartenere ad un ceto sociale elevato, al fatto di essere degli intellettuali. Proprio il tipo di persona che fin da ragazza aveva sognato di essere.
Quel giorno era eccitatissima e tuttavia uno strano senso di malessere turbava la sua aspettativa. Ad un tratto le sembrò di non avere più alcun desiderio di andare. Iniziò un terribile conflitto.
Incominciò a sentire un fastidioso ronzio alle orecchie, palpitazioni, si sentiva accalorata e incapace di stare ferma.
Diventava sempre più pressante l'idea di rinunciare e di starsene tranquilla a casa sua. Poteva finalmente rilassarsi un pò e leggere uno di quei libri ancora non sfogliato o, forse, mettere in ordine le fotografie.
Tirò un sospiro di sollievo e incominciò a sentirsi più tranquilla: si, rinunciava all'invito.
Quella stessa sera, mentre se ne stava sul divano di casa sua, senza far nulla, fu invasa da una profonda tristezza e percepì un nuovo sentimento: comprensione per il marito.

L'interesse per il compagno non é sufficiente a sostenere un rapporto. Ciò che dà veramente vita alla relazione di coppia é la voglia di sperimentare e la curiosità per il mondo.

D'un tratto capì che quando lo accusava: "E' colpa tua se.....", in realtà stava nascondendo a se stessa la paura di uscire dal "guscio" e che il marito, con il suo comportamento passivo, era il "complice" prescelto per nascondersi la propria paura di affrontare il mondo. Era più facile attribuire a lui la responsabilità del "non fare" che riconoscere il vero problema, ben più profondo e con radici molto più lontane nel tempo.